Banca Commerciale
Italiana: Palazzo Colonna di Stigliano
Il palazzo, eretto alla fine del XVI secolo,
fu voluto dal duca di Ostuni, Giovanni Zevallos. Dell'impianto originario si
possono ancora vedere gli archi in piperno di quello che era il primitivo
cortile, oggi trasformato in salone. Alla metà del secolo seguente l’edificio
fu acquistato dal ricco mercante fiammingo Van der Weiden. Costui volle una
totale ristrutturazione del palazzo e ne affidò il progetto, pare,
all'architetto Cosimo Fanzago. Testimonianza di questa ristrutturazione barocca
è il bel portale in marmo bianco e piperno, sovrastato dallo stemma gentilizio.
Luca Giordano decorò il piano nobile con degli splendidi affreschi, poi
perduti. L'attuale denominazione si deve al principe Giovanni Colonna di
Stigliano, che aveva sposato Giovanna Van der Weiden, figlia del mercante.
Cecilia Ruffo, vedova Colonna, nel 1830, si vide costretta a cedere per problemi
economici gran parte del palazzo. Alla fine del XIX secolo l'edificio venne
acquistato dalla Banca Commerciale Italiana, che ha qui la sua sede dal 1898. La
Banca commissionò all'architetto Piatania la totale ristrutturazione del
palazzo a cui si deve l'aspetto attuale.
Santa Brigida
La chiesa nacque come piccolo oratorio nel
1609 per volere di padre Troiano Bozzuto, sul luogo dove secondo una tradizione
popolare aveva pregato Santa Brigida in visita a Napoli al tempo della regina
Giovanna I d'Angiò. La chiesa fu interdetta perché costruita senza
l'approvazione ufficiale e passò nel 1610 ai Filippini che la completarono
grazie agli aiuti economici di una facoltosa donna, Giovanna Guevara. Nel 1637
il complesso passò all'ordine dei Lucchesi che lo ricostruirono completamente
con le donazioni della duchessa di Gravina. L'architetto Natale Longo ebbe il
compito di realizzarne il progetto. Nel 1675 la chiesa fu ulteriormente ampliata
e sotto la direzione di Francesco Antonio Picchiatti si costruirono le cappelle
di sinistra. Il re Ferdinando II volle dei lavori di restauro che furono
eseguiti da Federico Bausan e da Pietro Gleijeses tra il 1852 ed il 1857.
L'interno ha una navata unica con cappelle laterali. Nel 1678 Luca Giordano
affrescò la cupola con un’ Ascensione di Santa Brigida al cielo. Giuseppe
Mastroleo affrescò originariamente la volta ma nel 1889 durante i lavori per la
costruzione della Galleria Umberto I gli affreschi andarono distrutti e la volta
fu nuovamente decorata da Paolo Vietri e Giovanni Diana.
Galleria Umberto I
La costruzione della monumentale Galleria si
deve al grande progetto di riassetto urbano conseguente all'epidemia di colera
del 1884. Gli architetti Savino, Cottrau, Pisanti, Cassitto e Rocco presentarono
i loro progetti e quelli di quest'ultimo alla fine prevalsero. I lavori
iniziarono subito e proseguirono celermente tanto che già nel 1892 la galleria
poté essere inaugurata dal sindaco della città Nicola Amore. La costruzione
risultò una scelta felice. Dal punto di vista formale, la copertura in vetro
non si limitò ad essere un elemento funzionale della parte in muratura; con
l'adozione di un unico procedimento per ambedue i materiali si risolse il
difficile rapporto che aveva compromesso la resa estetica della prima galleria
napoletana. Si tentò quindi di ottenere anche all’esterno quegli stessi
effetti di apertura e luminosità caratteristici dell’interno: per le quattro
facciate esterne si realizzò così un colonnato aperto che consentisse la
penetrazione della luce e continuasse la luminosità della vetrata. La facciata
rivolta al teatro San Carlo venne arricchita variamente con nicchie, statue e
motivi decorativi. La Galleria si rivelò sin dal principio uno dei centri
commerciali e culturali più vitali della città con boutiques alla moda,
eleganti caffé, il celebre teatro Margherita, e la prima sala cinematografica
della città.
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San Ferdinando
La chiesa fu originariamente intitolata a San
Francesco Saverio, e i gesuiti ne iniziarono i lavori nel 1624 grazie ai
donativi dalla viceregina Caterina de la Cerda e Sandoval. All'architetto Giovan
Giacomo Conforto venne affidato il progetto poi in parte modificato da Cosimo
Fanzago, cui si deve anche il disegno della parte inferiore della facciata. La
costruzione si concluse nel 1665. Nel 1767, espulsi i Gesuiti, la chiesa passò
ai Costantiniani che la dedicarono a San Ferdinando. Diverse modifiche furono
apportate tra il XVIII e il XIX secolo. Gli affreschi interni furono realizzati
tra il 1693 ed il 1697 da Paolo De Matteis e raffigurano le Storie di San
Francesco Saverio e di altri santi gesuiti. Le due statue ai lati
dell'altare, un David ed un Mosè, sono opera di Domenico Antonio
Vaccaro. La tela sull'altare maggiore, raffigurante San Ferdinando, si
deve a Federico Maldarelli. Sull'altare del transetto destro sono collocati
quattro Angeli con i simboli di San Francesco Saverio, opera di Giuseppe
Sanmartino, databili al 1760-65. I quattro Angeli con i simboli
dell'Immacolata posti sull'altare del transetto sinistro sono attribuibili a
Domenico Antonio Vaccaro.
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Circolo Artistico
Politecnico
Il palazzo fu costruito nel XVII secolo e fu
sede del cardinale Zapata, viceré di Napoli. In seguito venne trasformato in
foresteria del Palazzo Reale. L'edificio venne in seguito completamente
ristrutturato. Nel 1922 divenne sede del "Circolo Artistico
Politecnico", centro di attività artistiche e culturali. Il circolo venne
fondato da un gruppo di pittori ed amanti dell'arte nel 1888 ed ebbe
originariamente sede in casa di Edoardo Dalbono con il nome di "Società
degli artisti". La nuova denominazione si ebbe all'indomani della fusione
con il Circolo Forense di Enrico Pessina, nel 1902, e con il Circolo Politecnico
di Ubaldo Masoni, nel 1907. Il circolo è stato anche sede della prima Scuola di
Arte Drammatica di Napoli e della prestigiosa Accademia Napoletana degli
Scacchi. Notevole è la collezione di quadri, in particolar modo di pittura
napoletana dell'Ottocento, ed una vasta biblioteca.
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Via Chiaia
La strada costituisce il naturale punto dove
confluiscono e scorrono le acque piovane provenienti dalle due colline di
Pizzofalcone e delle Mortelle. Durante il periodo greco-romano si trovava al di
fuori del perimetro urbano e funzionava da collegamento tra la città e l’area
flegrea. Solo all’epoca del Vicereame spagnolo venne inglobata all'interno
della cinta muraria. L'architetto Domenico Fontana ricevette il compito tra il
1599 ed il 1634 di modificare la strada perché dopo la costruzione di Palazzo
Reale fosse facilitato il collegamento tra il Largo di Palazzo e la spiaggia di
Chiaia. Nel 1636 fu costruito il famoso ponte che collega le due colline, di
Pizzofalcone e delle Mortelle. Nel 1834 il ponte fu rifatto a forma di arco
trionfale da Orazio Angelini e decorato a stucco con rilievi di Tommaso Arnaud,
Tito Angelini e Gennaro Calì. Nel 1782 venne abbattuta la Porta di Chiaia,
costruita nel XVI secolo. Allo sbocco della strada su piazza Santa Caterina si
trova il Palazzo Cellammare, costruito nel XVI secolo dall'abate Carafa. L’aspetto
attuale del palazzo risale al XVIII secolo quando fu ristrutturato per volere di
Antonio Giudice, principe di Cellamare.
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Sant’Orsola a Chiaia
Originariamente la chiesa, della metà del XVI
secolo, apparteneva ad Annibale de Troyanis y Mortella ed era una piccola
cappella dedicata a Sant'Orsolina. Nel 1569 divenne sede dei padri della
Mercede, ordine introdotto a Napoli nel 1442 dal re Alfonso d'Aragona. La
cappella venne demolita nel 1576 per costruire una fabbrica più grande ed il
convento, edificati con i donativi dei nobili della zona. Nella metà del XIX
secolo il complesso venne completamente ristrutturato e attualmente non ha più
nulla dell’aspetto della costruzione seicentesca. Nel 1875 il chiostro del
convento, che ospitava il cimitero dei monaci, fu demolito e al suo posto fu
costruito il teatro Sannazzaro su progetto degli architetti Fausto Niccolini ed
Antonio Francesconi. All'interno della chiesa, la volta e gli archi sono
affrescati da G. Gravante con Storie della Vergine (1851) e la Redenzione
dei cattivi (1852).
Santa Caterina a
Chiaia
La chiesa e l’annesso monastero risalgono
agli inizi del XVII secolo e furono costruiti per volontà della famiglia Forti.
In seguito fu ampliata grazie alle donazioni dei nobili della zona e in
particolare dei Gonzaga. Nel 1711 la chiesa fu ristrutturata su progetto
dell'ingegnere Giuseppe Bani y Bolanos: fu realizzata la decorazione a stucchi e
si ampliarono le cappelle. In seguito ai danni provocati dal terremoto del 1732
si ebbero vari interventi di restauro. L'impianto della chiesa è a croce latina
con cappelle laterali. All'interno sono presenti numerose opere di Antonio
Sarnelli: il Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, del
1770, sull'altare maggiore; la Beata Pastora, del 1755, nella seconda
cappella a sinistra; l'Ecce Homo, del 1770, sulla controfacciata;
l'affresco con San Francesco in Gloria, del 1767, in sacrestia. A
Belisario Corenzio si attribuiscono due dipinti raffiguranti un Cristo alla
colonna ed un San Sebastiano, dapprima collocati in sacrestia, sono
stati ora spostati nel convento.
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