Borgo di Chiaia

 

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Borgo di Chiaia
Toledo

Monumenti ed architetture di rilievo.

CHIAIA

Piazza dei Martiri, Sinagoga, Santa Maria della Vittoria, Villa Comunale e Stazione Zoologica, Villa e Museo Pignatelli, Ascensione a Chiaia, Santa Teresa a Chiaia, Santa Maria in Portico, San Giuseppe a Chiaia, Piazza Amedeo, San Francesco degli Scarioni, Santi Giovanni e Teresa all’Arco Mirelli, Santa Maria della Neve in San Giuseppe, Santa Maria di Piedigrotta, Parco Vergiliano, Santa Maria del Parto a Mergellina

Piazza dei Martiri

È verso la fine del '600 che comincia a delinearsi la piazza che oggi ammiriamo. Inizialmente questo territorio era occupato quasi interamente da giardini ed orti dell'abbazia di Santa Maria a Cappella, edificata nell'XI secolo sul luogo di un più antico romitorio. Nella prima metà del seicento nei giardini di questo convento fu eretta la chiesa di Santa Maria a Cappella Nuova, che Gioacchino Murat volle demolire nel 1812. Una parte dei terreni del convento fu acquistata alla fine del '600 dal Duca di Calabritto che volle costruirvi il proprio palazzo. L’originaria struttura di tale palazzo, a pianta quadrata con cortile centrale, fu notevolmente modificata e ristrutturata nella seconda metà del settecento da Luigi Vanvitelli, cui si devono lo scalone principale e la definizione della facciata principale su piazza dei Martiri e di quella su via Calabritto. L'ingresso su piazza dei Martiri è costituito da un alto portale affiancato da un binato composto da una colonna e da una parasta di marmo scanalato come nel portale della Reggia di Caserta. Molto diverso l'ingresso su via Calabritto con l'alto portale inquadrato da eleganti erme a faccia femminile sormontate da capitelli ionici tra beati. Sui balconi del piano nobile, che recano alternativamente timpani triangolari e curvilinei, si incastrano oculi ellittici con cornici a festoni. L'edificio chiudeva un nuovo lato del largo precedentemente definito dagli orti dell'abbazia, dalla chiesa di Cappella Nuova e dal palazzo di Donato Cocozza. Questo, acquistato dal Duca di Coscia, fu riedificato nel 1746 da Mario Gioffredo. Nel 1824 fu radicalmente ristrutturato dal Niccolini. A seguito dell'apertura dell'attuale via Morelli venne realizzato da Enrico Alvino Palazzo Nunziante in modo che fiancheggiasse col lato più lungo la nuova strada. Il palazzo, alto sei piani, occupò il lato della piazza lasciato libero dalla demolizione della chiesa di Santa Maria da Cappella Nuova. Dietro suggerimento dell’Alvino si deliberò nel 1856 il trasferimento nel "bel mezzo del largo" di una colonna dedicata alla Vergine della Pace. A seguito dell'Unità d'Italia si decise di dedicare il monumento ai Martiri della Rivoluzione. Lo stesso Alvino ne progettò la trasformazione con l'aggiunta dei quattro indomiti leoni alla base della colonna, alla cui cima fu posta una statua della vittoria alata. La piazza rimasta così configurata rappresenta uno degli spazi più belli e vivaci della città.

 

Sinagoga

L'attuale sede della Comunità Ebraica fu inaugurata, grazie all'appoggio del barone Rothschild, il 19 giugno del 1864. Nell'ingresso dell'appartamento sono affisse alle pareti due lapidi di marmo: una a ricordo degli ebrei deportati da Napoli durante la II guerra mondiale, l'altra in memoria di Dario Ascarelli, presidente della Comunità nel 1910. La sala adibita a Sinagoga si compone di due ambienti rettangolari uniti da un arco: al centro della sala c'è la Bimàh (pedana) da cui l'officiante recita le preghiere e legge il Rotolo della Toràh (Pentateuco), conservato di solito nell'Aron Ha-Kodesh (armadio sacro) situato lungo la parete di fondo. Intorno alla Bimàh sono disposti alcuni banchi e sulla destra un pulpito ligneo. Sulla sala si affaccia il matroneo disposto su un soppalco in legno.

 

Santa Maria della Vittoria

La chiesa, con l'annesso piccolo convento dei Carmelitani, fu costruita nel 1572 in memoria della vittoria conseguita dal comandante Giovanni d'Austria a Lepanto. Per volere di sua figlia, Giovanna, il complesso fu ristrutturato nel 1628 e donato ai teatini. Margherita d'Austria, figlia di Giovanna, promosse nuove modifiche nel 1646 ed altre se ne ebbero nel 1732, per consolidare la struttura in seguito al terremoto. La decorazione a stucco, opera di Andrea Tramontano, risale al 1735. L'aspetto attuale della chiesa si deve ai rifacimenti messi in opera nel 1824: il complesso venne trasformato in abitazioni private, la chiesa fu privata della facciata ed inglobata nella nuova struttura. All'interno sono conservati un dipinto di Massimo Stanzione, raffigurante l'Annunziata, e una tela commissionata nel 1628 da Giovanna d'Austria, La Vergine appare a don Giovanni d'Austria durante la battaglia di Lepanto, opera di autore ignoto.

 

Villa Comunale e Stazione Zoologica: Acquario e Salone degli affreschi di Hans von Marées

Chiaia divenne zona di passeggio alla fine del XVII secolo. Il viceré Luigi de la Cerda volle la pavimentazione della Riviera e la dotò di tredici fontane. Nel 1778 Ferdinando IV affidò all'architetto Carlo Vanvitelli il progetto del "Real Passeggio di Chiaia". La Villa si estendeva allora da piazza Vittoria fino all'altezza dell'attuale Cassa Armonica, era recintata su tutti i lati e solo l'aristocrazia poteva accedervi. L'ingresso sul lato della piazza era preceduto da due edifici simmetrici, oggi distrutti, con botteghe e locali. Su progetto di Stefano Gasse la Villa fu ampliata e prolungata fino a piazza della Repubblica con due successivi interventi (1807 e 1834). L'aspetto attuale si deve ai rifacimenti realizzati dal 1870 in poi per la costruzione di via Caracciolo. In questi anni venne costruito il primo nucleo della Stazione Zoologica, fondata dal darwiniano Anton Dohrn. Qui, nel 1873, in una sala poi trasformata in biblioteca, il pittore tedesco Hans von Marèes, eseguì un ciclo di affreschi con scene marine ed agresti.

 

Villa e Museo Pignatelli

La villa, con l’annesso giardino, fu costruita per volere di Ferdinando Acton nel 1826 come residenza estiva della famiglia. L'architetto Pietro Valente ne progettò la struttura seguendo comunque anche i gusti del suo committente. La villa, a due piani, fu realizzata in stile neoclassico. Si deve all’opera dell'architetto Guglielmo Bechi il disegno del giardino. Nel 1842 la residenza passò alla famiglia Rotschild, che vi aggiunse nel giardino una palazzina destinata agli uffici. A questo periodo risale la decorazione interna, su disegno di Gaetano Genovese. Don Diego Aragona Pignatelli Cortes, duca di Monteleone, acquistò nel 1867 la villa che da lui prese il nome. Il duca e la moglie, Rosina Pignatelli, rinnovarono completamente la decorazione e l'arredo della villa, che divenne uno dei più prestigiosi salotti della città. La villa, proprietà dello Stato dal 1960, è oggi sede di un museo.

 

Ascensione a Chiaia

La chiesa e l'annesso convento furono edificati agli inizi del XIV secolo. Nicola Alunno d'Alife, gran cancelliere del re Roberto d'Angiò, promosse un primo rinnovamento alla fine del secolo. Ma è nella prima metà del XVII secolo che il complesso fu completamente ricostruito con i donativi del nobile portoghese Michele Vaaz, conte di Mola. Da allora la chiesa venne intitolata ai Santi Michele, Anna e Pietro Celestino, ma il popolo ha sempre rifiutato il nuovo nome e ha preservato nel tempo quello originario. I lavori si protrassero fino al 1643 e furono affidati all'architetto Cosimo Fanzago cui si deve anche il portico in piperno sulla facciata. L'impianto è a croce greca con una cupola centrale disegnata da Matteo Tramontano e poi rifatta nel 1767. All'interno sono conservati due dipinti di Luca Giordano, il San Michele, datato 1657, e la Sant 'Anna. In sacrestia vi sono quattro dipinti databili al 1730: raffigurano le Storie di San Pietro Celestino e sono opera di Giovan Battista Lama.

 

Santa Teresa a Chiaia

La chiesa, con l'annesso noviziato dei Carmelitani, fu eretta tra il 1620 e il 1625 grazie all’eredità del nobile Rutilio Collasino. Originariamente la chiesa fu chiamata Santa Teresa Plaggie o anche Santa Teresa Burghi Plaggie, toponimo che si deve alla posizione del sito, all'epoca molto più vicino al mare di quanto non sia oggi. Tra il 1650 e il 1662 il complesso venne demolito e ricostruito grazie alle sovvenzioni di molti nobili napoletani. I lavori vennero affidati all'architetto Cosimo Fanzago. In seguito ai danni subiti nel terremoto del 1688 si ebbero vari rifacimenti tra cui la trasformazione della facciata fanzaghiana in piperno e muratura, con la scala a doppia rampa, che fu coperta da una decorazione a stucco. La rampa attuale è stata costruita alla fine del secolo scorso, quando il tracciato di via dei Mille troncò il primitivo scalone. La chiesa conserva molte opere di Luca Giordano, come Il Riposo dalla fuga in Egitto e La Vergine Bambina con Sant 'Anna e San Gioacchino, del 1664.

 

Santa Maria in Portico

La chiesa fu costruita nel 1632 ad opera di Felice Maria Orsini, duchessa di Gravina, che la donò poi con l'antico palazzo di famiglia ed alcuni terreni circostanti ai padri Lucchesi della Madre di Dio. La denominazione "Santa Maria in Portico" si deve alla miracolosa immagine romana detta "del Portico d'Ottavia", collocata ora in Santa Maria in Campitelli. I padri costruirono il convento che comprendeva tre edifici immersi nel verde di cinque grandi giardini: la casa dei padri (1632), quella degli studenti e quella dei novizi. Alla fine dell'Ottocento, all’epoca della realizzazione del nuovo Rione Amedeo, la casa dei padri venne demolita e i giardini, espropriati dagli Orsini, furono trasformati in lotti edificabili. A Natale Longo si può attribuire il progetto della chiesa, mentre è opera forse di Arcangelo Guglielmelli la facciata (1682), poi modificata nel 1862. L'interno è a croce latina con unica navata e cappelle laterali. La chiesa conserva la Nascita della Vergine (1766) di Fedele Fischetti e l'Assunta (1700) di Paolo De Matteis.

 

San Giuseppe a Chiaia

La chiesa originariamente non era che la piccola cappella di un complesso, fondato dal gesuita Flaminio Magnati come casa di convalescenza per i malati della congrega e poi divenuto noviziato. Tra il 1666 ed il 1673 il padre Tommaso Carrarese ne ampliò la struttura originaria. Nel XIX secolo, espulsi i gesuiti, il complesso venne trasformato in scuola nautica e nel 1817, per volere di Ferdinando I divenne sede dell'ospizio di poveri ciechi, intitolato ai Santi Giuseppe e Lucia. L'edificio fu restaurato e decorato con stucchi dopo il 1830, epoca cui risale probabilmente anche il bassorilievo sulla facciata, raffigurante la Fuga in Egitto. L'interno è a navata unica con cappelle laterali. Il dipinto sull'altare maggiore, Sacra Famiglia, è opera seicentesca di Francesco De Maria, così come la Sant'Anna, conservata in sacrestia, mentre è opera di Nicola Malinconico la Famiglia della Vergine nel cappellone destro.

 

Piazza Amedeo

La realizzazione della piazza rientra nel vasto programma di costruzione del Rione Amedeo che inizia a partire dalla metà dell'Ottocento, su disegni dell’Alvino e continua a più riprese dal 1868 fino al 1886 con vari progetti. Tra gli edifici di Piazza Amedeo quello del Palazzo Balsorano, già sede dell'Istituto Sacro Cuore, è tra i più antichi insieme al villino Colonna-Pignatelli in via Crispi, dell'architetto Guglielmo Raimondi. Questo villino aveva un ampio giardino che fino al 1925 faceva da sfondo alla piazza. Alle spalle della stazione della Metropolitana e dell'edificio che ospitava il Grand Eden Hotel (1901) compare lo scenario del Parco Grifeo. Notevole è l’edificio di Lamont Young del 1902, noto come il "castello Aselmeyer", posto all'incrocio tra il corso Vittorio Emanuele ed il Parco Margherita. È un edificio in stile neogotico dalle massicce torri emergenti, in cui si incrociano in maniera singolare motivi todoreschi ed elisabettiani, propri della tipologia residenziale destinata alla borghesia inglese, ed elementi di gusto pittoresco. Ancora alla fine dell’ottocento la via Martucci, che nel primo tratto a monte costituì il nucleo originario della piazza, risultava ancora priva dei caseggiati sul lato del mare. Solo negli ultimi anni del secolo si costruirono quasi tutti gli edifici della strada. L’edilizia è tipicamente ottocentesca, scandita da bugne, lesene e timpani sulle aperture. L'edificio che fa da raccordo tra la via Crispi e via Martucci, progettato da Arato nel 1925, ha dato un assetto definitivo alla piazza. Solo il giardino del villino Colonna è stato sacrificato quasi del tutto per la notevole mole dell’edificio.

 

San Francesco degli Scarioni

La chiesa fu fondata per volere di Leonardo Scarioni, un ricco mercante di Prato trasferitosi a Napoli, il quale morì nel 1701 dando disposizioni nel suo testamento che i suoi beni fossero impiegati nella costruzione di un convento francescano che potesse ospitare 60 religiose della sua terra natia. L’architetto Giovan Battista Nauclerio fu incaricato di iniziare i lavori nel 1704 e il convento fu finalmente inaugurato nel 1721. Nel 1763 si inserì sulla facciata della chiesa una statua lignea di San Francesco. All’interno della chiesa, sull’altare maggiore, si trova un dipinto di Francesco De Mura, Cristo e la Vergine consegnano a San Francesco l’indulgenza (1773). La sacrestia conserva un’opera di Marcus Laurus, una tavola del 1580, il Crocefisso parla a San Tommaso (nella lunetta la Vergine tra San Giovanni Battista e San Michele Arcangelo. La chiesa possiede un organo del 1721.

 

Santi Giovanni e Teresa all’Arco Mirelli

La chiesa fu realizzata per volere di alcune monache teresiane che vollero ritirarsi qui in clausura dopo avere abbandonato il convento di San Giuseppe a Pontecorvo (1746). La fabbrica si apre sull’antica calata di San Francesco, strada che fin da epoche remote collega la zona collinare a quella del lungomare. Lo stesso re Carlo III di Borbone si interessò all’avvio dei lavori. Secondo la tradizione la chiesa fu progettata probabilmente da Angelo Carasale che lavorò anche per il Regio Teatro di San Carlo. Secondo accreditati studiosi però l’architetto fu Domenico Antonio Vaccaro viste le notevoli affinità stilistiche tra la chiesa dell’Arco Mirelli e quella della Concezione a Montecalvario. Durante l’ultima guerra il convento e gli annessi giardini vennero requisiti per la creazione dell’attuale ospedale di Loreto. Il chiostro rococò fu inglobato nella struttura ospedaliera e si presenta oggi molto rovinato. All’interno della chiesa sono state collocate alcune pregevoli opere marmoree dello scultore Manuel Pacheco, databili al 1755.

 

Santa Maria della Neve in San Giuseppe

La chiesa fu edificata nel 1571 nei pressi di un'antica torre costruita nel periodo vicereale a difesa dei Saraceni (la Torretta). Il cardinale Gesualdo la elesse a parrocchia, ma in seguito la sede parrocchiale fu trasferita in San Giuseppe a Chiaia. L’interno è a navata unica, la volta è a botte. Negli ultimi anni del secolo XVI le lunette e la cupola furono interamente affrescate da artisti di ambito corenziano: sono raffigurate le storie della vita dei SS. Paolo e Pietro, le storie di Santa Maria della Neve, l'edificazione di Santa Maria Maggiore, l'Annunciazione, la Natività, la Circoncisione e la Visitazione. Notevoli i dipinti una volta presenti nella chiesa: SS Pietro e Andrea di Giovan Angelo Criscuolo, Giuditta e la samaritana di Francesco De Mura, SS. Vincenzo Ferrari e Ludovico Bertrando di tipo solimenesco, il Battesimo di Cristo di Leonardo di Pistoia, il Martirio di San Bartolomeo di scuola riberiana.

 

Santa Maria di Piedigrotta

La Basilica di Santa Maria di Piedigrotta, situata nella piazza omonima, fu edificata nel XIV secolo. La chiesa è stata in passato centro di una importante festa per la tradizione popolare ed è quindi una delle chiese più note della città. Originariamente era intitolata alla Natività della Vergine. Alfonso d'Aragona nel 1453 la concesse ai canonici lateranensi. Nel 1520 ebbe un primo restauro e fu completamente ricostruita nel 1560: la pianta venne modificata e la facciata ribaltata. Nel 1853 Ferdinando II promosse nuovi interventi; Enrico Alvino lavorò alla facciata. L'interno è a croce latina capovolta, con cupole decorate da Eugenio Cisterna (1902). Fra le opere che la basilica conserva vanno menzionati il Tabernacolo di Pier Paolo Farinelli e la statua lignea della Madonna, di scuola senese del '300, ricchissima di ex voto e particolarmente adorata nella città. La basilica è oggi sede dei Canonici Regolari Lateranensi.

 

Parco Vergiliano

Il Parco fu realizzato in epoca fascista. Importanti restauri si ebbero nel 1976. Vi si trovano la tomba di Virgilio, quella di Leopardi e la cosiddetta Crypta Neapolitana. Il poeta Virgilio in epoca medievale fu considerato il patrono della città secondo una tradizione e la sua tomba godette quindi di un particolare culto. Il monumento è posto vicino alla Crypta in posizione elevata ma non c'è nessuna sicurezza che sia proprio il sepolcro di Virgilio. È un monumento funebre romano, chiamato colombario per le nicchie scavate all'interno. All'interno vi è un tripode, in cui si bruciavano aromi in onore dei morti. La tomba di Giacomo Leopardi fu costruita nel 1934 secondo la tipologia dei cippi funerari romani. Fino a quella data, le spoglie del poeta erano conservate nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Solo il parroco di quella chiesa, pare, acconsentì alla richiesta del conte Ranieri di ospitare la salma del poeta che morì in un periodo in cui a causa di un'epidemia di colera era obbligatoria la fossa comune. La Crypta Neapolitana, costruita in epoca romana da Cocceio, collegava Neapolis con la zona flegrea in maniera più rapida di quanto non consentissero le vie attraverso i colli fino ad allora praticati.

 

Santa Maria del Parto a Mergellina

La chiesa fu edificata nel 1499 su un terreno che il poeta Jacopo Sannazaro aveva ricevuto in dono da Federico d'Aragona, e costituisce uno dei pochi edifici cinquecenteschi del quartiere di Chiaia. Venne intitolata alla Vergine del Parto dal nome del poema del Sannazaro De partu Virginis e successivamente fu donata ai Frati di Santa Maria dei Servi. Consisteva originariamente di due piccole cappelle, una inferiore e una superiore. Qui, dietro l'altare, è collocato il monumento funebre di Jacopo Sannazaro. L'opera fu affidata verso la fine del 1536 a Giovanni Angelo Montorsoli. Il monumento fu ideato forse dallo stesso Sannazaro e sorprende per la totale mancanza di riferimenti religiosi e per la presenza di motivi compositivi assolutamente pagani. Tra le opere conservate notevole è un Presepe ligneo, commissionato dal Sannazaro a Giovanni di Nola (1520) e la tavola di Leonardo da Pistoia (1542) raffigurante San Michele che calpesta il demonio dalla testa di donna.